Il passo Stelvio non è una questione di gambe. La salita è durissima, prima di tutto per la testa. Con i suoi 21,5 km, 36 tornanti e 1553 metri di dislivello, esige pazienza, umiltà e rispetto. In cambio, restituisce gioia infinita.
Alla partenza, a Bormio, tutti gli occhi degli iscritti al Mediofondo (132km e 3050 MD) – tra i quali il nostro Davide T. – puntavano lassù, nonostante i primi 50 km del tracciato si sviluppassero verso il sud della vallata. Una prima frazione quasi tutta in discesa e senza particolari asperità, che ha concesso momenti di socialità e panorami valtellinesi Docg.
Ma il tempo della convivialità è durato poco, perché da Teglio è iniziata la salita. Costante e testarda fino a Bormio, che ha riservato agli oltre 3200 atleti un’accoglienza festosa come alle migliori tappe del Giro d’Italia. Un dettaglio importante – quasi unico nel panorama delle Granfondo - che si aggiunge alla perfetta organizzazione della corsa e alla generosità dei numerosi volontari che hanno partecipato alla manifestazione sportiva.
Al passaggio da Bormio, contro ogni previsione metereologica, il cielo ha iniziato a schiarirsi. Provvidenza per alcuni, coincidenza per altri, per tutti una carica di energia, soprattutto mentale, che ha reso l’attacco della salita finale meno faticoso.
Già dai primi tornanti, guardando in su, la strada sembrava non finire mai. Pedalata dopo pedalata le pendici delle montagne diventavano sempre più bianche, le temperature più rigide, l’aria più rarefatta. L’andatura al ralenti degli atleti, con le forze ormai al lumicino, rendeva la salita ancora più interminabile, addirittura fatale per chi si è arreso agli attacchi dei crampi.
A meno di 3 chilometri dall’arrivo le gambe avevano ormai terminato il loro lavoro, da lì in poi pedalava la testa. Negli ultimi metri soltanto il cuore. Quello di Davide T. era diviso in due: un pezzo a valle, con Emmanuela in trepidante attesa, e un pezzo in cima oltre l’arrivo, ormai in vista.
Eccolo lì il passo Stelvio. Antico, paterno, scaldato da una coperta colorata di ciclisti felici. Anche Davide T. ha tagliato il traguardo, stremato e felice. A quelle altitudini (2770 metri) il piazzamento - comunque dignitoso: 212 su 818, 27° di categoria - non conta.
Quello che resta è la gioia infinita di chi ha superato tutti gli ostacoli e ha spostato un po’ più in là il proprio limite. Se con le gambe, con la testa o con il cuore, non importa.