Alla seconda edizione di MiRando Milano, ci sentiamo tutti più fratelli. No, la terza. No la seconda perché in realtà la prima era una specie di numero zero (altra località di partenza, altro percorso, altro periodo dell’anno) che è servita a consolidare il sodalizio Rigamonti-Resina ovvero l’accoppiata di cervelli che ha ideato e realizzato questa divertente manifestazione Milanese che ormai da due anni ha tutta la logistica e prende il via dalla centralissima Alzaia del Naviglio Pavese a due passi dalla modernizzata Darsena. Ci sentiamo più fratelli perché oltre la bici, a consolidare la consanguineità, c’è la milanesità, toh tutt’al più la lombardità dei quasi 800 partecipanti. Chi vuoi che si approssimi alle brume della bassa se non un lombardo? Toh al massimo qualche piemontese di Alessandria o Tortona! Quindi bravi, cari 800 fratelli che avete voluto onorare questa ben congeniata proposta pedalatoria, magari a spese della prima granfondo 2018 in calendario in quel di Loano che è arrivata a poco più della metà dei classificati. Questa randonnee , anche se leggermente fuori dai canoni delle manifestazioni di questo tipo, ha successo per tre motivi: per la scelta del periodo, della natura stessa del percorso e infine, come ogni rando, per la mancanza di classifica. Febbraio anche se ancora fresco è poco piovoso e questo garantisce già una buona partecipazione; il percorso, privo di dislivello, permette di fare il primo lungo di stagione e quindi di scartavetrare i muscoli ancora ingrippati da residui di panettoni di San Biagio, chiacchere e frittelle varie; la mancanza di agonismo permette divertimento pedalatorio puro senza patemi ed ansie. Tre consigli agli organizzatori per avviarsi alla perfezione organizzativa. Uno. I numeri vanno bene per distinguere gli iscritti dai portoghesi, ma nel cartoncino occorre praticare quattro fori al posto di due e fornire delle fascette più lunghe o meglio ancora quei filetti di metallo ricoperti di plastica che sono più pratici e anche più economici. Due. Sulle alzaie, specie nel tratto di rientro, c’è parecchia gente che pratica diverse attività sportive e che protestano per la presenza massiccia di ciclisti veloci; occorre fare qualcosa per avvisare del transito di un evento ciclistico; per esempio affiggendo dei cartelli. Tre. Ottimo il ristoro a metà di entrambi i percorsi, ma, se lo si vuole organizzare anche all’arrivo, il cibo va distribuito equamente in modo che rimanga per tutti, fino agli ultimi che sono forse quelli che se lo sono guadagnato con maggiore fatica.
Veniamo a noi. A quelli del nostro team. Bene la partecipazione, ma non benissimo. Siamo risultati la metà dell’anno scorso anche a causa di defezioni per motivi di salute e quindi di mancato adeguato tesseramento. Il gruppo si è abbastanza presto spezzettato a causa dei diversi ritmi, d’altronde non potevo pretendere di tenere insieme tanti diversi tipi di allenamento specialmente per chi ha interpretato la pedalata come fondo preparatorio per le vicinissime prime gare agonistiche. Io stesso, gli ultimi 10/12 km (non so bene perché ho avuto lo spegnimento inatteso del Garmin), li ho percorsi in solitaria essendomi sganciato dal mio gruppetto tirato da Tonino-trattore. Persino Iryna e Armando sono arrivati dopo, attardati da una foratura della loro simpaticissima compagna di viaggio Laura.
a cura di Giorgio Fronduti
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