Pippone alert: questo articolo è pieno di pipponi.
Domenica 14 maggio, ore 7.
Un manipolo di impizzati di caffeina e carboidrati a rilascio rapido sono come ogni anno pronti a lasciarsi alle spalle il Lazzaretto di Bergamo e sfrecciare nelle valli bergamasche. Quest’anno è particolare, il nome del grande Gimondi non è più presente in questa manifestazione, lasciando uno strano sapore di delusione misto tepore nel vedere che tutto a parte il nome è come è sempre stato.
Torniamo un poco indietro, e pensiamo che l’anno scorso eravamo un gran numero di buraci iscritti a questa manifestazione, che per vicinanza e affetto, è sempre stata un po’ la granfondo di casa. Soprattutto per me, ricordo ancora di essermi presentato la prima volta in griglia con la macchina fotografica a pellicola in tasca, in un connubio di passioni che poco ci azzeccavano, una calante e una crescente.
Ci sono stati i tanti anni con il bel tempo, il fresco e il sole estivo, addirittura un anno da lupi con la neve, tutti anni sempre organizzati con una forte continuità e sicurezza, in un territorio difficile per turismo e viabilità.
Quest’anno ci siamo presentati alla partenza in tre, il quarto iscritto Luigi ha preferito evitare per favorire il recupero da un fastidio fisico.
Veniamo al dunque, partendo dal sovrumano Lorenzo che si spara un gran recupero dal fondo della griglia di partenza, arriva sulle prime rampe in buono stato, disconosce i ristori e chiude con un tempone niente male, solo 111 davanti a lui, e un 31km/h di media che fa paura. E settimana prossima ancora in gara, alla 9 colli.
Tonino parte da Milano incontrando un bell’incidente in tangenziale (presente in coda anche io nella mia macchina a pochi metri di distanza). Nella fila creatasi, un’auto con due discotecari sordi rapiti da Morfeo richiede un intervento della polizia e quindi altro rallentamento. Nefasto l’inizio di giornata, con arrivo a Bergamo tardi rispetto ai soliti programmi, ciascuno nella sua griglia e ándale.
Tonino ormai sicuro di beccarsi la pioggia vera viste le previsioni mutevoli, trova solo pioggerellina e tempo di poco oltre le sei ore, copre bene il suo solito percorso medio reso quest’anno difficile dal basso numero di partecipanti e quindi poche scie.
Io mi sono presentato dopo notti insonni per i litigi notturni dei vicini di casa con i guanti da pioggia, infreddolito e con il dubbio se mettere la gabba o no. Fortunatamente ho riascoltato nella mente i consigli ricevuti nel passato e sono partito leggero, solo maglietta, e regolare nel ritmo. Sono andato forte in discesa, merito dei video su youtube di Safa Brian? Forse anche, ma sicuramente ha contribuito essere in gruppo con un paio di pistola che tagliavano le curve per recuperare la posizione che perdevano in rettilineo in discesa non pedalando a 35/h. Alla terza sbandata del pingone di turno che stava rischiando di portarsi a terra altri tre ciclisti più cauti, ho deciso che era ora di una sgasata. Salutati tutti, sono arrivato a fondo valle infreddolito e con i crampi al primo cavalcavia in direzione San Pellegrino. Che lezione, non si smette mai di imparare. Fortuna che in auto dietro di me c’era un direttore sportivo, un incoraggiamento, una cochina e un gel. Riparto subito ancora più regolare e sgaso solo ed esclusivamente dopo il cavalcavia di Sedrina. Cambi regolari e medie altissime fino alla fine in un gruppetto di 6/7 ciclisti, ma all’ultima curva il trimone di turno che non ha tirato un metro salta sulla sinistra, taglia la curva inchiodando e chiude merdesimo davanti a noi del gruppetto che avevamo già previsto questo epilogo.
Tiriamo le somme, noi tre ci si è divertiti, e questo è l’importante.
Meteo clemente, freddo a tratti e bagnato, ma poca pioggia.
Partecipanti pochi, il mondo delle granfondo soffre, i grandi eventi seguono il trend, poco più di 1300 all’arrivo.
Organizzazione stabile sui soliti livelli, a parte le casse alla partenza che gracchiano nelle orecchie, la presenza e l’attenzione sul percorso garantiscono un senso di sicurezza ai ciclisti di vitale importanza. Che granfondo è se dopo 5 minuti di gara vedi la macchina di fine gara e il senso di abbandono dall’evento. Qua hai sempre qualcuno a sorvegliare il percorso. Complimenti ancora all’organizzazione.
Purtroppo, una nota molto negativa va a molti partecipanti. L’organizzazione ci tiene a definirsi green, dichiara zone eco friendly dove possono essere gettati i rifiuti a terra per essere raccolti dagli addetti, e il ciclista medio che fa? Butta 5 grammi di plastica nell’orrido, 5 sulla statale, 5 nel Cherio nel Serio e nel Brembo, gli ultimi 5 in una val Taleggio dove neanche più i bambini fanno il tifo. Ricordo anni fa che i cittadini di molti paesini attraversati si trovavano in piazza a urlare e incitare i ciclisti manco fosse il giro d’Italia. Magari complice il meteo, si è vista solo la proprietaria di un negozio al Selvino con i campanacci. Che forse i bergamaschi si siano rotti gli zebedei a vedere gente che sfreccia, snaricia e sgracchia, saluta a fatica e poi abbandona rifiuti sul percorso? Questa è l'immagine che rimane.
Insomma, ci sono note positive e note negative, dal restringimento degli iscritti si può immaginare che tanti ciclisti abbiano preferito altri programmi, staccarsi da un ciclismo amatoriale che punta a massimizzare i pochi introiti e distanziarsi da ciclisti menefreghisti che credono che tutto sia dovuto e che i bei luoghi che attraversano esistano solo nel tempo del passaggio della granfondo. Ci sono ancora fortunatamente tanti ciclisti tranquilli, che affrontano la giornata col sorriso e con rispetto, scambiando qualche parola quando possibile, aiutando il gruppo quando si pedala.
Senza entrare nel merito del cambio nome della manifestazione e delle ragioni dei vari contendenti, e ribadendo che la GF BGY si è presentata molto bene alla sua prima ufficiale, segnalo però l’iniziativa presa da una famosa squadra della bergamasca. La Popolare ciclistica ha corso in gruppo il percorso medio della Gimondi preso al contrario nella giornata di sabato 13. “Controcorrente”, dicono.
Lo hanno fatto un po’ per il dispiacere dell’assenza del nome di uno dei ciclisti iconici della bergamasca dalla manifestazione bergamasca per eccellenza. Lo hanno fatto “perché ogni tanto è bene ricordarsi di come anche un ciclismo popolare promosso dal basso, lontano da logiche di profitto e di sponsor sia ancora possibile, e di quanto sia importante preservarne lo spirito”.
Senza voler togliere i meriti ed eventi ben organizzati, noi continuiamo a fare il nostro.
Che sono dopotutto i nostri brevetti Buracia, le uscite di gruppo all’alba e al tramonto, le attese al caffè nei giri in compagnia, se non un ciclismo bello?