È passata ormai una settimana dalla gita sociale, per molti l'uscita che ha chiuso le scampagnate estive.
Anche per me è stato l'ultimo giorno di vacanza, con quella nota di agrodolce che contraddistingue le belle giornate messe lì appena prima del ritorno in ufficio. Ufficio che ha richiamato la mia attenzione completa per tutta la settimana, senza respiro.
Il Gavia invece il respiro lo dà, altroché. Non come salita, soprattutto se la si attacca ad un ritmo sostenuto. Dà respiro nel senso che ti dona aria fresca, vedute notevoli e un paesaggio in continua evoluzione, dai 1250 metri di altitudine del paese ai 2620 dello scollinamento. Roba da leggenda.
Ci si ritrova la domenica mattina fuori dal centro storico, unico cruccio dell'organizzazione. Purtroppo passare da corso Milano e dalla piazza del paese di Ponte di Legno è vietato, almeno in gruppo, e si rischia di venire assaliti da improperi giustamente lanciati da chi ci cammina.
Il resto del paese è pieno di lavori tra fantomatiche terme e ristrutturazioni, e opto quindi per uscire direttamente dal paese ed evitare una foratura non proprio propiziatrice. In questi giorni ho visto molti in bici da corsa alle prese con le camere d'aria in paese.
Quindi si parte dal parcheggio post caffè e foto, buttandosi sulla statale del Tonale, percorso comunque ufficiale per le guide.
Siamo un buon numero, io, Menon, Abenante, Tironi, Caforio, Mazzocchi, Francesconi, La Mantia, Palencia, Carrea. A piedi e in modalità turistica, le mogli di Tonino e Pino si occupano della buona riuscita della foto di rito, prima di salutarci e poi visitare il paese.
E via, siamo tutti in gruppo per un bel po', io decido di stare in coda a fungere da carro scopa, dato che la salita anche quest'anno l'ho già corsa un po' di volte. Mai tante volte quante Tarcisio Persegona, più di 500 nella sua vita come viene ricordato all'arrivo del passo. Ho ancora la maglia celebrativa delle prime 100 scalate.
Immaginavo si scattasse subito, invece per qualche chilometro si attende a ritmo blandissimo, finché un tizio con fisico snello ci supera a ritmo decisamente indiavolato. Come per posizionarlo su una fionda urliamo il nome del Tir, istigandolo per l'inseguimento. Tir che risponde prontamente con un agile scatto e in poco tempo ha preso il tipo.
Risate per tutti, e un effettivo e quanto mai giusto via libera globale, ad ognuno il proprio ritmo, una salita così lunga va affrontata ciascuno con il proprio passo per godersela.
La salita è una delle più impegnative nelle Alpi, anche in funzione del punto da cui la si affronta. Noi partiamo da Ponte (1250m), ma spesso la si prende da Edolo (720), molte volte il giro comprende il Mortirolo, conosco gente della zona che ci aggiunge lo Stelvio per gradire.
Si inizia quindi con la statale del Tonale, la 42, per poi cambiare direzione, godersi il vento in discesa per un paio di chilometri e poi iniziare la salita vera e propria. Dopo aver sfiorato i paesini di Precasaglio e di Pezzo, si arriva a Sant'Apollonia, che altro non è che il punto in cui la strada viene chiusa ai motori, almeno questa mattina. Da qui la salita si incazza subito, tra scritte sull'asfalto e ancora poca altitudine, la volontà di arrivare in cima rischia di essere subito messa a dura prova.
È qua che tengo a bada gli ultimi del gruppo, sparando qualche cazzata sul fatto che i punti difficili sono pochi e si superano in fretta. O meglio, sparo fregnacce e non faccio ragionare troppo i miei compagni nella fatica del momento. In ogni caso, è vero che i punti al 14% rimangono spesso sui cartelli, ma per i primi chilometri la fatica ti si aggrappa alle gambe facendoti quasi desistere.
Appena inizia il bosco, il cambio di paesaggio ti aiuta con l'ombra e l'ossigeno, ossigeno che farai comunque fatica a respirare date le pendenze e la carreggiata a corsia singola. Finito il bosco e i suoi tornanti il paesaggio mostra la sua maestosità, e la strada comincia a puntare in una sola direzione dimenticandosi a sud i tornanti del bosco.
Con pendenze più dolci si inizia a parlare della galleria, per l'occasione funzionano anche i led che la illuminano di una luce fioca. Come spiego ampiamente ai compagni vicini, la galleria significa "porca troia non posso mollare" perché al buio gelido è sconsigliato mettere il piede a terra, con ulteriore difficoltà a ripartire.
Fine galleria e la salita guadagna ancora un punto percentuale di difficoltà, e l'aria inizia ad essere rarefatta per l'altitudine. Ma da questo punto i tornanti sono pochi e inizi a percepire l'arrivo.
Spunta l'incantevole lago Nero, che in una leggenda della zona è legato al Lago Bianco che si trova invece all'arrivo. I locals qui tirerebbero fuori quindi la leggenda di Nerino e Bianchina, reperibile anche in internet.
La veduta del Lago Nero ti accompagna fino all'ultimo tornante, dove solitamente è facile vedere stambecchi curiosi che scendono dal Monte Gavia e continuano il loro cammino per un piccolo tratto arrampicati a fianco strada.
Dall'ultimo tornante la pendenza dell'ultimo chilometro diventa decisamente mite, tranne un piccolo punto che fiacca le gambe di chi parte per una sparata finale.
Insomma, chi è arrivato prima ha fatto più foto, ha girato un po' il passo guardando le cime del monte Gavia e del Corno dei Tre Signori, alcuni sono scesi verso Santa Caterina Valfurva almeno fino al rifugio Berni a guardare il ghiacciaio del Dosegù, o quel che ne rimane.
Il Lago Bianco (e quindi Bianchina) sono sempre nelle foto e negli occhi di chi è arrivato in cima, ed è bello sapere che dopo tanti anni di battaglie legali il lago è salvo e lo si può vedere ancora quasi intatto.
Solo quest'anno, grazie a qualche associazione e soprattutto grazie ad un gruppo di abitanti illuminati, è stato bloccato il cantiere che lo avrebbe probabilmente prosciugato o modificato in modo invasivo, con un progetto volto a tenere in vita qualche pista da sci mille metri più in basso a Santa Caterina. Bianchina quindi è salva.
Il gruppo Buracia riparte quindi in discesa e si ricongiunge alla locanda di Pietra Rossa, a Sant'Apollonia, per scassare un po' di piatti di pizzoccheri e gnoc de la cua, cosa che mette vicina Valtellina e Valcamonica a tavola, provando a fare pace tra valli cugine che si stanno a tratti sulle palle. Un po' come Brescia Bergamo capitale della cultura nel 2023.
Finito il pranzo, chi prima e chi dopo è atteso dal rientro in giornata. Nerino e Bianchina se ne stanno invece posizionati vicino al Gavia come al solito, a chiacchierare di notte amorevolmente come nella leggenda.
Io sono contento che i molti del gruppo che non hanno mai pedalato sul Gavia, lo hanno fatto per la prima volta con il lusso della strada chiusa alle auto e moto. Non è solo una questione di sicurezza, ma anche un bel modo per conoscere un luogo di passaggio umano avvolto nella natura rispettato nel silenzio e nel paesaggio, almeno per qualche ora.
Direi una bella giornata insieme quindi, tutti contenti, tranne per il fatto di non essere proprio tutti tra quelli che volevano essere presenti. Ma ci sarà l'occasione per vederci presto su altre salite, magari più semplici, una volta superate le asperità fuori dalle due ruote.